La “Preta ru’ Mulacchio”, un’opera millenaria fra scienza e magia nel Cilento

Preta ru’ Mulacchio, ingresso al sentiero

La “Preta ‘ru mulacchio” è, letteralmente, la pietra del figlio illegittimo: ma cos’è esattamente? Per scoprirlo, andiamo sul Monte della Stella (1131 m s.l.m.), che fa parte del massiccio montuoso posto tra il Tirreno e la valle dell’Alento, a Sud di Agropoli e all’interno del Parco Nazionale del Cilento Vallo Di Diano e Alburni.

Un luogo ameno, la cui mistica bellezza si fonde ad un panorama mozzafiato. Non a caso, nei pressi della vetta è ubicato il Santuario della “Madonna della Stella”, di origine medievale, molto venerato dagli abitanti della zona.

Prima di arrivare al santuario, sulla destra si trova un piccolo sentiero, quasi nascosto dalla vegetazione. Percorriamo questo sentiero, fra le gialle ginestre e alberelli verdeggianti, e ci troviamo di fronte ad un’imponente roccia, un megalite. A “Preta” è sostanzialmente costituita da tre massi, che si sono separati da un singolo blocco per cause naturali: tra questi tre massi, si sono formate due “gallerie”.
Tuttavia, la “Preta ’ru mulacchio” non è solo il frutto del lento lavoro della natura: è stata profondamente modificata dal lavoro dell’uomo. Lo evidenziamo nella presenza di grosse pietre, che sono state incastrate in posizioni precise tra i tre blocchi originari, poste a generare un piano di copertura del complesso. Su alcune di esse, sono ancora chiaramente visibili i solchi scavati per mantenere in posizione le funi usate per sollevarle. Inoltre, per l’acqua piovana che vi si accumula, sono stati scavati due bacili e canali di scolo sulla parte superiore, visitabile grazie ad una scala di legno predisposta dall’Ente Parco. Un lavoro straordinario per un’opera che, pur in assenza di una datazione precisa, va attribuita probabilmente alla Cultura Proto-Appenninica (inizio del II millennio a.C.).

Preta ru’ Mulacchio, la galleria

Osserviamo con attenzione le gallerie all’interno della “Preta” e notiamo che i raggi del sole riescono ad illuminarne l’interno, proiettando un triangolo luminoso. Un fenomeno già conosciuto agli archeologi americani che lo chiamano “Sun blade”, come afferma Jacques Le Goff. L’orientamento dei manufatti archeologici crea una “lama di Sole”, un fenomeno astronomico al quale viene attribuito, dai costruttori, un valore simbolico (in particolare l’associazione con divinità celesti), o pratico (di solito calendariale), o entrambi.

Opere simili le ritroviamo anche in Nord Europa, soprattutto nelle isole della Gran Bretagna, dove ricordiamo di certo Stonehenge, e che sono il campo di studi dell’astroarcheologia, un’importante disciplina che affianca e supporta l’archeologia (vedi ad es., Sinclair, 2006; Polcaro & Polcaro, 2009). Ci troviamo di fronte ad una piccola Stonehenge cilentana o una semplice casualità? Non ci resta che indagare per scoprirlo.

Se ci recassimo qui tutti i giorni dell’anno, sempre al tramonto del sole, noteremmo che questa “lama di Sole” tenderà a cambiare di dimensioni, giorno dopo giorno: a dicembre diventerà lunga quanto tutto l’arco all’interno della galleria della “Preta”. Invece diventerà piccolissima nel mese di giugno. Fra queste due date, la “lama” cresce e decresce, in un ciclo perenne, a causa delle diverse posizioni che occupa il sole nei vari giorni dell’anno. Questi due mesi, che, ricordiamo, corrispondono proprio ai mesi del solstizio d’inverno e d’estate, rappresentano proprio la rinascita e il riposo della natura. Sarà anche questo un caso? Un caso davvero straordinario: la probabilità di avere nella “Preta” due allineamenti solari entro un angolo di grado e una lunghezza della “lama di Sole” uguale a quella della galleria al solstizio d’inverno, corrisponde circa ad una probabilità su 180000 (Polcaro & Ienna, 2008). Risulta quindi evidente una volontarietà nella realizzazione dell’opera, seppur incredibile.

Il Monte Stella, Campania

Un inusuale calendario solare, tanto grande quanto preciso, che però non soddisfa ancora la nostra curiosità: a cosa si riferisce lo strano nome “Preta ‘ru mulacchio”? La nostra sete di conoscenza ci spinge ad approfondire: cercando informazioni che possano aiutarci, scopriamo che non è reperibile in letteratura alcuna notizia o immagine del monumento anteriore al 1985, quando la“Preta” fu “riscoperta” dal cultore di folklore locale prof. Amedeo La Greca (Ienna, 2005).

La Greca (1985) descrive così alcune pratiche popolari associate a questo monumento: “I pellegrini che si recavano al Santuario della Stella prima che venisse costruita la strada rotabile, usavano sostare sul pianoro nei pressi di questi megaliti, e poi affrontavano l’ultimo tratto di strada… Riprendendo il cammino, le donne sterili o che desideravano un bambino, percorrevano lo strettissimo corridoio fra i primi megaliti e, a causa dell’angusto passaggio, dovevano strofinare il ventre sulle pareti della roccia. Questo rito non sopravvive più in quanto ormai la vecchia mulattiera è stata abbandonata.”

Preta ru’ Mulacchio

La nostra ricerca prosegue fra le strade del paese. Chiacchieriamo con le persone del luogo e scopriamo un’interessante curiosità che svela finalmente l’arcano: i lati della galleria, praticamente nascosti da chi provenisse dal sentiero, erano spesso i luoghi segreti dove si consumavano amori vietati e tradimenti.

Ecco che quindi il sacro e il profano si uniscono, in quest’opera che, attraverso i millenni ha aiutato l’uomo a scandire il tempo, nel modo più naturale possibile. Ma non solo! La “Preta ‘ru mulacchio” ha accompagnato il culto della rinascita, le speranze di prosperità, l’avvio dei lavori in agricoltura, in allevamento e, perché no, ha giustificato scomode gravidanze, dando un’origine magica a quello che sarebbe stato solo un “figlio illegittimo”.

Francesco Attanasio

 

 

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