“Buxus”: risorsa inestimabile del Golfo di Policastro

Golfo di Policastro

Molte località del Cilento meriterebbero indagini approfondite, ma la mancanza di risorse fa sì che il poco disponibile sia indirizzato verso i siti maggiori di Paestum e Velia.

Sono stati molti, tuttavia, gli scavi fortuiti anche nel resto del Cilento, ad esempio quelli effettuati nel territorio di Torraca (si fa riferimento a quelli effettuati di recente in occasione della metanizzazione dell’area, ndr) che hanno portato alla luce importanti testimonianze

di epoca antica. La città è collocata nel golfo di Policastro ed infatti essa deve la sua storia alla notevole importanza rivestita da quest’area nel mondo antico, grazie ai porti naturali di Bussento e di Sapri, alle valli fluviali sfruttate per la produzione agricola e ai collegamenti verso l’interno, attraverso il valico di Sanza. Il golfo di Policastro comprende parte di tre regioni: Campania, Basilicata e Calabria e i comuni principali sono Sapri, Marina di Camerota (SA), Maratea (PZ) e Praia a Mare (CS).

Nell’area sono stati individuati giacimenti paleolitici, testimonianze dell’età del bronzo, ma nell’insieme, la documentazione preistorica e protostorica è lacunosa. In età arcaica l’elemento più evidente dell’intera area è l’insediamento indigeno di Palinuro del IV sec. a.C., anche se altre fondamentali testimonianze ci provengono proprio da Policastro.

Relativamente a quest’area Plinio (il Vecchio) cita anche la città di “Sontia” o Sanza e altre fonti localizzano a Sapri una città greca arcaica, subcolonia dei Sibariti, di nome Scidro (Skidros). In ogni caso l’unica sicura colonia greca attestata dalle fonti per il golfo di Policastro è Pissunte, in greco “Pyxous”, la romana “Buxentum”, oggi Policastro Bussentino. Secondo Diodoro Siculo il fondatore di tale città è Micito, signore di Reggio e di Zancle (Messina). Il nome della città non è casuale in quanto è stato scelto per l’ ingente presenza della pianta del bosso, pianta che nel Cilento “cresce nelle zone più interne, sulle sponde del fiume Bussento, soprattutto nei pressi di Caselle in Pittari e alle falde meridionali del Cervati”.

Pianta di bosso, buxus microphylla

Il nome latino della pianta è Buxus: si tratta, però, di un termine a sua volta derivante dal vocabolo greco pyksos che si considera affine a pyx, “pugno chiuso”, e a pyknos, “stretto, serrato”, con riferimento al legno durissimo e liscio. Una delle caratteristiche di questa pianta è essere un sempreverde dotato di lentissimo accrescimento e in grado di superare gli inverni più freddi mantenendosi in ottime condizioni sanitarie ed estetiche. Nell’antichità era consacrato ad Ade e Cibele, essendo un sempreverde e quindi simbolo funerario e di immortalità, ma assume anche altri significati spesso contraddittori, infatti è simbolo di amore e fecondità e allo stesso tempo, per la sua capacità di autofecondarsi e per la durezza del suo legno, di castità e di fermezza. Erano, poi, innumerevoli gli usi di questa pianta: i bambini utilizzavano le sue bacche a mo’ di “lego” , il suo legno veniva sfruttato per la creazione di scatolette e statuette, e addirittura, intorno all’anno 1000 quando fu

Bussola in legno di bosso

inventata la bussola quest’ultima venne inserita in un contenitore di bosso che diede il nome allo strumento stesso.

Il primo a parlare delle proprietà fisiche della pianta fu Plinio (il Vecchio) nel “De naturalis historia”, mentre le prime indicazioni di pianta depurativa furono riconosciute da santa Ildegarda la quale, per le proprietà sudorifere, febbrifughe, antireumatiche e purgative delle foglie e della corteccia, utilizzava spesso il bosso contro il vaiolo. In realtà tutta la pianta è tossica, ma in ogni caso può essere molto utile se utilizzata nelle giuste dosi. Oltre alla mistica benedettina anche altri personaggi si occuparono del bosso individuando nuove proprietà; ad esempio Castor Durante scrisse che la sua radice curava i morsi di serpenti e le foglie bollite facevano diventare i capelli biondi; nel Rinascimento fu considerata rimedio alla calvizie e nell’800 alcuni affermavano che da tale pianta si potesse estrarre l’acido piro olioso adoperato come antiodontalgico, infondendone nel dente cariato. Ancora oggi Buxus sempervirens è una pianta medicinale di notevole interesse e dalle proprietà terapeutiche non ancora del tutto note, ma alcuni ricercatori americani hanno di recente scoperto che l’alcaloide Buxina G, inibisce notevolmente lo sviluppo di colture di cellule tumorali umane, aprendo in tal modo la via a nuove speranze nella lotta contro i tumori.

Giusy Conti

Articolo elaborato nell’ambito del progetto di Alternanza Scuola Lavoro a.s. 2016-2017 tra Liceo Classico Parmenide di Vallo della Lucania (SA) e l’associazione AUSS di Sapri (SA)

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